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Ai miei popoli

Nella foto in alto, la chiamata alle armi in uno dei manifesti-tipo che l’Imperatore chiedeva di affiggere per le città e i paesi dell’Impero.
Di seguito, il testo col quale, come quasi un messaggio d’addio premonitore, Francesco Giuseppe chiamava a raccolta “i suoi popoli” nel momento più difficile della sua storia: l’inizio della Grande Guerra.

 

Caro Conte Stürgkh,
ho deciso di instruire i ministri della mia Casa e degli Affari Esteri per notificare al governo reale Serbo dell’inizio dello stato di guerra tra la Monarchia e la Serbia. In questa fatidica ora io sento il bisogno di rivolgermi ai miei amati popoli. Vi comando, pertanto, di pubblicare il seguente proclama.

PROCLAMA

Ai miei popoli!

      È stato mio ardente desiderio consacrare gli anni che, con la grazia di Dio, ancora mi rimangono, a lavorare per la pace e proteggere i miei popoli dai duri sacrifici e dai pesi della guerra. La Provvidenza, nella sua sapienza, ha diversamente stabilito.
      Le trame di un malevolo avversario mi costringono, in difesa dell’onore della mia Monarchia, per custodire la sua dignità e la sua autorità, per la sicurezza dei suoi possedimenti, ad impugnare la spada dopo lunghi anni di pace.
      Con una rapida immemore ingratitudine, il Regno di Serbia, che, dall’inizio della sua indipendenza come Stato fino ad ora, è stato aiutato e assistito dai miei progenitori, ha da anni percorso il sentiero dell’aperta ostilità all’Austria-Ungheria. Quando, dopo tre decadi di fruttuoso lavoro per la pace in Bosnia e Erzegovina, io ho allargato i miei diritti sovrani a quelle terre, il mio decreto suscitò nel Regno Serbo, i cui diritti in nessun modo offesi, esplosioni di irrefrenabile passione e dell’odio più accanito. Il mio Governo a quel tempo usava i privilegi del più forte, e con massima considerazione e clemenza solo richiedeva alla Serbia di ridurre il suo esercito, per camminare verso la pace, e di promesse che, per il futuro, essa avrebbe camminato sui sentieri di pace e fratellanza. Guidato dallo stesso spirito di moderazione, il mio Governo, quando la Serbia, due anni fa, era stata coinvolta nella lotta con l’Impero Turco, limitò la sua azione alla difesa dei gravi e vitali interessi della Monarchia. È stato per questo atteggiamento che soprattutto la Serbia dovette portare a compimento gli obiettivi di quella guerra.
      La speranza che il Regno Serbo apprezzasse la pazienza e il desiderio di pace del mio Governo e mantenesse la sua parole non è stata soddisfatta. La fiamma del suo odio per me e la mia Casa ardeva sempre più alta; il disegno di strappare da noi, con la forza, parti inseparabili dell’Austria-Ungheria è stato manifestato senza più travestimento. Una criminale propaganda si è estesa oltre la frontiera con l’obiettivo di distruggere i fondamenti dell’ordine dello Stato nelle parti sud-orientali della monarchia; di far vacillare il popolo, a cui, nel mio paterno affetto, allargo la piena fiducia nella sua lealtà alla casa regnante e alla Patria; di sviare la sua gioventù incitandola ad azioni dannose di follia e di alto tradimento. Una serie di brutali attacchi, una cospirazione organizzata, attentamente preparata, e ben condotta, il cui successo ha ferito me e i miei fedeli popoli al cuore, forma una visibile traccia di sangue di questi complotti che erano gestiti e diretti in Serbia.
      Dev’essere imposto un limite a queste intollerabili azioni e dev’essere posta un termine alle insistenti provocazioni della Serbia. L’onore e la dignità della mia monarchia dev’essere preservata indenne e il suo sviluppo politico, economico e militare deve essere difeso da questi continui colpi. Inutilmente mio Governo fece un ultimo tentativo per assolvere questi obiettivi di pace e indurre la Serbia a desistere, con seri avvertimenti. La Serbia ha rigettato le giuste e moderate richieste del mio Governo e rifiutato di conformarsi a quegli obblighi, l’adempimento dei quali forma il naturale e necessario fondamento della pace nella vita dei popoli e degli Stati. Devo perciò procedere con la forza degli eserciti per assicurare quelle indispensabili garanzie che sole possono assicurare tranquillità al mio Stato all’interno e duratura pace all’esterno.

      In questa solenne ora io sono pienamente consciente dell’intero significato della mia decisione e della mia responsibilità innanzi l’Onnipotente. Ho esaminato and soppesato ognicosa, e con una serena coscienza espongo la strada che il mio dovere indica. Confido nei miei popoli, che, attraverso ogni tempesta, si sono sempre ripresi nell’unità e lealtà intorno al mio trono, e sono sempre stati preparati per i più duri sacrifici per l’onore, la grandezza, e la forza della Patria. Confido nel coraggio e nella dedizione delle forze dell’Austria-Ungheria, e ho fiducia che l’Onnipotente dia la vittoria ai miei eserciti.

Francesco Giuseppe



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