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- Conferenza -

GUERRA 1914-1918
INCONTRO DI COMMEMORAZIONE
DEI CADUTI SUI VARI FRONTI

IL TRENTINO DURANTE LA PRIMA GRANDE GUERRA

di Lorenzo Dalponte

(...segue)

Il Trentino per tutto il periodo della guerra fornì circa 60.000 uomini e fra questi gli ultimi arruolati avevano diciassette anni. I caduti sono stati 10.512, per la maggior parte sul fronte russo. Di questa guerra so qualche cosa per esperienza diretta e non solo per le letture e per le escursioni fatte sui luoghi delle più sanguinose battaglie, dalle Tofane al Cauriol, dall’Otigara, al Pasubio, all’Adamello: mio padre, che era un Kaiserjäger tornò a casa ferito due volte, due miei zii, invece, non fecero ritorno e in famiglia di loro si parlava spesso.
Quando il 23 maggio 1915 il governo italiano dichiarò guerra all’Austria, questa l’aveva già persa in Galizia contro la Russia: qui, in dieci mesi, aveva visto cadere il fior fiore del suo esercito: oltre 2 milioni di soldati erano morti o erano stati fatti prigionieri. In quattro anni di guerra la percentuale delle perdite subite dall’Austria rispetto alle forze mobilitate di 8 milioni di uomini sarà del 90%, mentre l’Italia in tre anni subirà perdite per il 39%.
Gli stati maggiori erano formati da ufficiali appartenenti alla grande nobiltà austro-ungarica, uomini che in tempo di pace vivevano separati dai soldati semplici ed erano abili più per le piazze d’armi che per il fronte. Nel giudizio della truppa l’espressione «Armee ober Komando», in sigla A.O.K. (“Comando supremo dell’esercito”), nella realtà stava per «Alles ohne Kopf» («Tutto è fatto senza testa»).
Addestrato e guidato secondo criteri antiquati, tipici delle vecchie scuole militari, l’esercito austroungarico agli inizi deve cedere alla rabbiosa reazione serba e fronteggiare i Russi che sanno meglio mimetizzarsi, hanno mitragliatrici e artiglieria efficaci e una cavalleria cosacca coraggiosissima. Mio padre faceva parte del Secondo reggimento dei Tiroler Kaiserjäger denominato «Das tote Regiment» («Il reggimento di morti»), perché per ben sette volte in cinque mesi venne ricostituito con i rincalzi delle giovani “Marschkompanien" (le “compagnie di aggiunta").
Il generalissimo Luigi Cadorna, secondo un piano concordato con gli alleati francesi e inglesi, per forzare l’entrata in Carinzia verso Vienna per portare un aiuto ai Serbi e ai Russi, nel 1915 concentra la massa dell’esercito italiano sull’Isonzo. Il fronte del Trentino, lungo trecento chilometri dal passo dello Stelvio alle Pale di S. Martino, fu affidato alla Prima armata agli ordini del generale Brusati con compiti di difesa e non di offensiva. Forte di quaranta divisioni per un totale di 180.000 uomini l’Armata aveva di fronte non più di 30.000 austriaci, ma per l’inefficienza dei servizi di informazione non lo sapeva.
Nell’assegnargli il comando del fronte del Tirolo meridionale, il maresciallo supremo Konrad von Hotzendorf consigliò al generale Viktor von Dankl di scegliere come sede strategica Innsbruck perché, consapevole della disparità di forze in campo, riteneva che solo al Brennero sarebbe stato in grado di resistere. L’Austria non aveva più uomini da impiegare; le sue risorse umane erano già esaurite.
L’imperatore Francesco Giuseppe, che aveva una predilezione per il popolo tirolese, il 18 maggio 1915 aveva lanciato un appello alle formazioni degli Standschützen, i “bersaglieri tirolesi” iscritti agli storici bersagli militari presenti nel Tirolo e nel Vorarlberg e che radunavano giovanissimi imberbi e anziani incanutiti che il servizio militare aveva dichiarato inabili: su 35.000 iscritti circa 20.000 furono dichiarati idonei, vestiti con la divisa dei Kaiserjäger, armati e spediti al fronte in prima linea. Lì per tre mesi fronteggeranno l´esercito italiano.
Nelle case rimasero le donne, i vecchi e i bambini, ma il dramma per loro non era finito. Il 22 maggio 1915 scattò l´evacuazione coatta delle popolazioni che risiedevano nei paesi lungo la linea del fronte: si inizia in Valle di Ledro, poi si procede nei distretti di Riva del Garda, Arco, Mori, Rovereto, Folgaria, Lavarone e in tutta la media Valsugana. L’ordine è di abbandonare le abitazioni lasciando libero sui campi tutto il bestiame, che una commissione mista formata da civili e militari, si assicura, avrebbe raccolto, stimato e pagato una volta ritornati alla normalità. Si parte con un sacco in spalla, uno zaino fatto con le federe dei cuscini, con dentro una coperta, posate, documenti, roba da mangiare per tre giorni, 5, 10 chilogrammi in tutto: circa 75.000 persone sono condotte oltre il Brennero, in Boemia, Moravia, nei baraccamenti di legno dell´Austria inferiore e altre 35.000, costrette a lasciare i paesi già occupati dall´esercito italiano, vengono trasferite all´interno del Regno. Gli abitati pressoché spopolati sono lasciati alla mercé dei militari.
Nel 1915 l´Austria si trovò a combattere sul fronte italiano, russo e serbo. Nonostante il richiamo di tutti gli uomini abili dai 17 ai 50 anni, la mancanza di rincalzi si manifestò in tutta la sua drammaticità, anche perché le perdite nei reparti per colera, tifo, malaria, dissenteria e malattie veneree erano superiori a quelle cruente sui fronti.
Furono impegnati anche 1.500.000 prigionieri russi, serbi e rumeni e adibiti per il trasporto di munizioni, vettovaglie e materiali per la costruzione di trincee; furono fatti arrivare fin sulle prime linee, creando loro incredibili possibilità di diserzioni tanto era vicino l´avversario. In alcune valli trentine per questo genere di servizi furono mobilitati anche i ragazzi e le donne. Venivano ricompensati giornalmente con un soldo e una pagnotta, quanto mai attesa quando la fame, specie durante il 1916, divenne un terribile problema per le popolazioni contadine del Tirolo e dell´Impero intero.

(continua...)

Feltre, 27 settembre 1997
Conferenza in collaborazione con il Centro Studi Storici - Primiero

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