 
  
da L’Alpino del 29 Settembre 2009, pag. 9
Lo chiamavano il Barbone: viso tondo e paffuto, sorriso mite, sguardo profondo, nessun atteggiamento da cospiratore; era noto anche come Sandwirt, l’oste di Sand, paesino presso San Leonardo della val Passiria (in Alto Adige) dov’era nato nel 1767 e dove viveva con la moglie e cinque figli. Era un pezzo d’ uomo grande e grosso: un rapporto della polizia francese postillava così le sue note caratteristiche “Il suo fisico piace molto alle donne”. Una folta barba gli incorniciava il volto: aveva giurato di non tagliarsela finché non fosse riuscito a cacciare i bavaresi dal Tirolo. Siamo nel 1805. Sullo scacchiere europeo si stanno fronteggiando due imperatori: uno, Napoleone, è di fresca nomina, l’altro è l’erede dell’antica Casa d’Asburgo, Francesco II d’Austria.
uomo grande e grosso: un rapporto della polizia francese postillava così le sue note caratteristiche “Il suo fisico piace molto alle donne”. Una folta barba gli incorniciava il volto: aveva giurato di non tagliarsela finché non fosse riuscito a cacciare i bavaresi dal Tirolo. Siamo nel 1805. Sullo scacchiere europeo si stanno fronteggiando due imperatori: uno, Napoleone, è di fresca nomina, l’altro è l’erede dell’antica Casa d’Asburgo, Francesco II d’Austria.
Il 21 ottobre a Ulma e il 2 dicembre ad Austerlitz, gli austriaci sono stati seccamente sconfitti dalla “Grande Armée”; i francesi hanno sottratto la Baviera al loro dominio e si sono procurati un sicuro ed utile alleato al quale hanno regalato il Tirolo austriaco, che comprendeva oltre ad Innsbruck, anche Bolzano e Trento: il duca di Baviera ritiene doveroso proclamarsi re.
      I nuovi padroni del Tirolo, tradizionali avversari dell’Austria, commisero subito due errori gravissimi: se la presero col clero (errore imperdonabile fra gente di montagna), cacciando prelati, sopprimendo feste religiose, abolendo privilegi, limitando perfino il suono delle campane; e introdussero la coscrizione obbligatoria, fino allora sacra prerogativa della Dieta regionale. Somma delle ignominie, il Tirolo prese il nome di Baviera del Sud!
La chiamata alle armi conseguì l’effetto che si sperava a Vienna: i monti si trasformarono in sicuri nascondigli per i numerosi disertori che, con l’aiuto di emissari  austriaci, si riunirono nelle prime formazioni di guerriglieri. La rivincita di Austerlitz sarebbe cominciata dal Tirolo: dalla loro fortezza naturale montana, cerniera fra la piana bavarese a nord e la pianura padana a sud, i tirolesi avrebbero appoggiato la duplice offensiva austriaca. La parola d’ordine era “Nessun bavarese deve varcare vivo il Brennero”: lo scoppio dell’insurrezione fu stabilito per il 9 aprile 1809. Mancava però una chiara visione della situazione effettiva.
austriaci, si riunirono nelle prime formazioni di guerriglieri. La rivincita di Austerlitz sarebbe cominciata dal Tirolo: dalla loro fortezza naturale montana, cerniera fra la piana bavarese a nord e la pianura padana a sud, i tirolesi avrebbero appoggiato la duplice offensiva austriaca. La parola d’ordine era “Nessun bavarese deve varcare vivo il Brennero”: lo scoppio dell’insurrezione fu stabilito per il 9 aprile 1809. Mancava però una chiara visione della situazione effettiva.
      L’astro napoleonico era allora nel suo pieno fulgore e l’Austria aveva collezionato una serie di insuccessi. Una lotta di bande irregolari alpine quale risultato avrebbe potuto conseguire senza la presenza di consistenti forze regolari in pianura? Ma Hofer era guidato da una logica istintiva. Entrava in campo per difendere la religione e il focolare, l’antico contro il nuovo, l’ordine contro il disordine, combatteva per l’Austria che incarnava da sempre questi principi, non per la libertà: la sua era una rivoluzione di controrivoluzionari. 
Gli insorti agirono fulminei lo stesso 9 aprile, obbedendo al segnale dei fuochi accesi sui monti. Sorpresi dalla fitta e violenta azione di fucileria che li investiva da ogni parte degli scoscesi versanti boscosi e dai fulminei attacchi scagliati all’improvviso contro i reparti isolati, i bavaresi di presidio in Val Pusteria dovettero rapidamente battere in ritirata, perseguitati da continue imboscate, fino a Innsbruck. E dopo soli quattro giorni la città era in mano ai rivoltosi esultanti. Quando, a cose fatte, giunsero gli austriaci, Hofer aveva già avuto tempo di ordinare pubbliche preghiere e imporre misure per il mantenimento dell’ordine e della disciplina.
Regolari e irregolari, unite le loro forze, conquistarono Trento; quando la breve campagna si concluse con la liberazione di Rovereto i tirolesi avevano già catturato due generali, 130 ufficiali e 6.000 soldati. Hofer, novello Cincinnato, depose le armi e ritornò alla sua osteria. Ma gli austriaci non furono altrettanto fortunati quando si scontrarono in campo aperto contro i francesi e lasciarono la porta aperta a Napoleone, deciso a togliersi dal fianco la fastidiosa spina tirolese. I bavaresi ritornarono, protetti dall’ombrello francese e la disparità delle forze costrinse gli insorti a rifugiarsi sui monti. Hofer non si perse d’animo: riorganizzò le bande, riuscì a ottenere dall’Austria due pezzi d’artiglieria e con 12.000 uomini divisi in tre colonne, ripartì cocciuto all’attacco di Innsbruck: al suo fianco procedeva il frate cappuccino Haspinger, tenendo alto il Crocifisso, come un antico crociato.
La battaglia si concentrò intorno al monte Isel (il Bergisel, sarà il nome della lega tirolese) e i bavaresi furono ricacciati in città, dalla quale si allontanarono silenziosamente durante la notte, dopo aver fasciato di paglia le ruote dei carriaggi e dei cannoni. Per la seconda volta Hofer rientrò in Innsbruck da trionfatore. Un corpo di spedizione francese mandato a spazzar via gli insorti, fu sorpreso nella strettoia di Mules, tra Vipiteno e Bressanone, e decimato: il comandante, maresciallo Lefebvre, salvatosi a stento dopo aver perso giacca e cappello, scrisse a Napoleone:
“È la prima volta che mi son ritirato, e mi è toccato farlo davanti a contadini furiosi, più furbi dei selvaggi.
Ho ricevuto una pietra sul ginocchio ‘qui me fait un mal du diable’”.
Anche in Pusteria, in Val Venosta, a Trento, i Tirolesi ebbero la meglio: il piano di Napoleone subì uno smacco. Ma l’oste di San Leonardo, animato da una fiducia incrollabile nella Provvidenza, non poteva trasformarsi in pochi mesi in uomo politico. I suoi proclami, imperniati essenzialmente sulla lotta ai cattivi costumi, rivelano le sue insufficienze nell’azione governativa. Protestanti ed ebrei furono emarginati, vietato il divorzio, perseguitato l’adulterio, abolite le feste danzanti. L’abbigliamento femminile subì drastiche restrizioni:
“…le donne si coprono il petto e le braccia troppo poco o con veli trasparenti…”.
Il trattato di pace aveva imposto all’Austria la cessione del Tirolo: quattro colonne di francesi e bavaresi fecero irruzione nel ridotto montano. I rivoltosi opposero una strenua resistenza, specialmente in val Gardena e in valle Aurina: Hofer conseguì gli ultimi successi proprio nella sua terra natale, San Leonardo di Passiria. Ma alla fine lo sconforto s’impadronì del suo animo anche se non modificò la sua visione cristiana dell’esistenza:
“Non possiamo combattere contro la potenza invincibile di Napoleone, le vittorie e le rivoluzioni sono le conseguenze dei disegni immutabili della Provvidenza”.
La situazione gli era decisamente sfavorevole: il suo imperatore stava già trattando il matrimonio della figlia Maria Luisa con lo stesso Napoleone e aveva praticamente abbandonato il Tirolo al suo destino.
I capi dell’insurrezione fuggirono in Austria; Hofer preferì rifugiarsi con pochi amici su quelle montagne che l’avevano visto più volte vincitore e riparò in un fienile. Sul suo capo fu messa una taglia di 1500 fiorini, che fece gola a un mendicante, un certo Haffel, il quale rivelò il nascondiglio ai francesi. Per catturarlo il generale Baraguay d’Hilliers inviò mille soldati ed altri duemila a presidiare la valle per impedire reazioni della popolazione.
Hofer non volle mettersi in salvo, dopo la cattura chiese solo di non far del male a sua moglie e ai suoi bambini. I francesi, che avevano l’ordine di Napoleone di processarlo e subito giustiziarlo, lo trasferirono a Mantova, lontano dalla sua terra. Invano gli stessi mantovani offrirono cinquemila scudi per riscattarlo. Anche la domanda di grazia di Francesco II a Napoleone arrivò dopo il 20 febbraio 1810, quando Andreas Hofer, dopo un simulacro di processo, era già stato fucilato sul bastione di Porta Ceresa.
“Carissimo fratello – aveva scritto alle 5 del mattino, poco prima di essere fucilato - la volontà di Dio è che io passi qui a Mantova dalla vita all’eternità; che Dio sia benedetto per la sua divina grazia che mi rende la morte così facile…”.
Con uno di quei voltafaccia che la ragion di Stato può giustificare ma che appaiono incomprensibili agli occhi dell’uomo comune, qual era l’oste della val Passiria, tre settimane dopo il “nemico di Dio e del Tirolo”, Napoleone Bonaparte, impalmava la figlia dell’imperatore d’Austria, per il quale Andreas Hofer aveva combattuto e sacrificato la vita: sarebbe stato un testimone scomodo. Il poeta Julius Mosen gli dedicò un componimento in versi: “Zu Mantua in Banden” (A Mantova in catene), musicato da Leopold Knebelsberger ed ispirato al tema di un concerto per pianoforte di Ludwig van Beethoven.
L’inno, austero e solenne, viene spesso suonato alle feste dalle numerose ‘Musikkappelle’ altoatesine. Due anni fa qualcuno propose di adottarlo come inno ufficiale dell’Alto Adige-Sudtirol, ma il presidente della Provincia autonoma Luis Durnwalder scartò l’idea, “per non creare motivi di scontro tra i diversi gruppi linguistici”.
Dal tempo di Andreas Hofer sono passati due secoli. In Alto Adige il ricordo dell’eroe è molto vivo: quest’anno una serie di manifestazioni sono state organizzate nel bicentenario della storica battaglia del 1809 sul Bergisel, ad Innsbruck. Convivono laboriosamente popolazioni di tre gruppi linguistici: italiano, tedesco e ladino. Bolzano - secondo le statistiche ufficiali - è la città italiana più vivibile e l’Alto Adige la provincia più ricca.
        La speciale autonomia concessa con lungimiranza da due illuminati statisti, Alcide De Gasperi e Karl Gruber, ministri degli Esteri d’Italia e Austria - non sempre imitati nel corso degli anni nella visione politico-sociale - ha consentito a questa terra bellissima di diventare l’esempio di come sia possibile, nel rispetto delle specifiche tradizioni, trasformare la diversità storico-linguistica in comune ricchezza culturale ed economica. 
      Non manca, ancor oggi, chi vorrebbe fare un uso distorto di questa esemplare autonomia, maturata in situazioni a volte difficili, e risvegliare fantasmi d’un passato che ciascuno potrebbe evocare - non senza strumentalizzazioni - a proprio vantaggio. Una cosa è certa: l’Alto Adige, nelle controversie internazionali, viene spesso indicato come perfetto modello di convivenza da imitare. Rendiamo dunque onore ad Andreas Hofer, celebriamolo come un eroe che ha dato la vita per il proprio ideale. 
      E lasciamolo riposare in pace.
Umberto Pelazza
da Doss Trent del Settembre 2009, pag. 7
Cari Alpini, 
mi accingo a scrivere questo mio breve
intervento  all’indomani della grande manifestazione 
ad Innsbruck per il 200° anniversario 
per la fucilazione di Andreas Hofer.
all’indomani della grande manifestazione 
ad Innsbruck per il 200° anniversario 
per la fucilazione di Andreas Hofer.
Questo evento mi offre l’occasione per ricordare
l’atteggiamento della Sezione ANA
        di Trento già reso pubblico nell’assemblea
        dei Delegati dell’8 marzo scorso al Teatro
        Sociale di Trento: “sono state annunciate
        numerose iniziative in ricordo dei 200 anni
        dalla morte di Andreas Hofer. Gli Alpini
        trentini riservano un commosso ricordo per
        la tragica fine dell’eroe tirolese, del quale
        conoscono tutta la vicenda storica dalla
        spontanea sollevazione popolare contro i
        soprusi e le violenze degli occupanti fino
        alla sua provvisoria cattura e la tragica
        fine a Mantova. Sono convinto che tutte
        le manifestazioni saranno coerenti con la
        sua vera storia. Andreas Hofer, come altri
        del suo stampo, furono e sono oggetto alle
        volte di speculazione politica. Strappati dal
        periodo in cui vissero e operarono, vengono
        attualizzati e rivestiti di panni politici ed il
        loro nome utilizzato ai fini diversi da quelli
        che ispirarono la loro azione”. 
Purtroppo si sono verificati alcuni episodi
        in alcune località del Trentino dove ci si è
        dimenticati che il Tricolore è la nostra Bandiera
        alla quale l’Associazione Nazionale
        Alpini, nata nel 1919 per ricordare i sacrifi ci
        delle migliaia di vittime della Prima Guerra
        mondiale, riserva in ogni sua manifestazione
        i massimi onori. Nel corso dell’estate si
        sono aggiunte anche alcune improprie esternazioni
        sulla figura della nostra medaglia
        d’oro Cesare Battisti. Sulla stampa locale
        sono apparse dichiarazioni di ogni tenore
        qualcuna, purtroppo, da parte di qualche
        esponente della politica nostrana  contrario
        all’italianità del nostro territorio. A questo
        proposito la storia del Trentino letta con
        onestà intellettuale rivendica da sempre la
        cultura italiana della popolazione trentina,
        cultura peraltro sempre rispettata anche
        dal Governo Austriaco, ne è testimonianza
        l’erezione del monumento a Dante a Trento
        costruito con offerte della popolazione e
        inaugurato l’11 ottobre 1896. Il Presidente
        della Sezione degli Alpini di Trento in
        tutti i suoi interventi pubblici non ha mai
        chiamato in causa gli Schutzen nostrani ha
        
        soltanto denunciato il verificarsi di alcune
        intolleranze alla Bandiera Italiana. Personalità
        autorevoli, mi riferisco a Mons. Rogger
        che nella sua “Lectio magistralis” a Pieve
        Tesino, ha invitato a non “scimmiottare il
        Tirolo e senza saperne la lingua col rischio
        di apparire i parenti poveri e di gettare alle
        ortiche un secolo di Trentino”. Su questo argomento quindi nessuna confusione nelle
        nostre file; già nel settembre di due anni fa
        avevo richiamato l’attenzione di tutti gli
        Alpini ad esercitare il proprio spirito critico
        anche verso una certa tendenza in atto che
        mira a cancellare via via le ragioni del nostro
        essere Alpini trentini e italiani.
contrario
        all’italianità del nostro territorio. A questo
        proposito la storia del Trentino letta con
        onestà intellettuale rivendica da sempre la
        cultura italiana della popolazione trentina,
        cultura peraltro sempre rispettata anche
        dal Governo Austriaco, ne è testimonianza
        l’erezione del monumento a Dante a Trento
        costruito con offerte della popolazione e
        inaugurato l’11 ottobre 1896. Il Presidente
        della Sezione degli Alpini di Trento in
        tutti i suoi interventi pubblici non ha mai
        chiamato in causa gli Schutzen nostrani ha
        
        soltanto denunciato il verificarsi di alcune
        intolleranze alla Bandiera Italiana. Personalità
        autorevoli, mi riferisco a Mons. Rogger
        che nella sua “Lectio magistralis” a Pieve
        Tesino, ha invitato a non “scimmiottare il
        Tirolo e senza saperne la lingua col rischio
        di apparire i parenti poveri e di gettare alle
        ortiche un secolo di Trentino”. Su questo argomento quindi nessuna confusione nelle
        nostre file; già nel settembre di due anni fa
        avevo richiamato l’attenzione di tutti gli
        Alpini ad esercitare il proprio spirito critico
        anche verso una certa tendenza in atto che
        mira a cancellare via via le ragioni del nostro
        essere Alpini trentini e italiani. 
Fatte doverosamente queste premesse
        desidero rivolgere il più sentito e caloroso
        ringraziamento a tutti quei Capigruppo
        e a tutti i loro collaboratori che durante
        l’anno hanno celebrato gli anniversari di
        fondazione dei loro Gruppi, organizzando
        degne e decorose manifestazioni nei loro
        paesi suscitando, con il suono delle nostre
        Fanfare, viva commozione nel ricordo di
        tutti i nostri Caduti in tutte le guerre. 
Aggiungo al ringraziamento quanti hanno
        operato per concludere positivamente il
        tesseramento per il 2009. 
Prima della fi ne dell’anno ci attendono
        ancora alcuni impegni: sono previste manifestazioni
        di gruppo per il loro anniversario
        e il 25 ottobre a Milano per la beatifi cazione
        del Cappellano degli Alpini don Carlo
        Gnocchi. 
Concludo con l’invito a tutti di prepararsi
        per celebrare il 90° anniversario di fondazione
        della nostra Sezione che si vorrebbe
        fare in occasione della prossima Assemblea
        dei Delegati al Teatro Sociale.
Il presidente Giuseppe Dematté
 Dematté: «Meno Hofer, qui siamo italiani»
 Dematté: «Meno Hofer, qui siamo italiani»
      da l’Adige dell’8 marzo 2010, pag. 14
 Panizza replica: «Siamo di lingua italiana,
 Panizza replica: «Siamo di lingua italiana, 
        ma il Trentino è sempre gravitato nell’area tirolese»
        Baratter: «Questa terra è figlia di due grandi culture»
        da l’Adige del 9 marzo 2010, pag. 18
 Baraonda nazionalista
 Baraonda nazionalista
        tra Penne Nere e Schützen 
        da l’Adige del 10 marzo 2010, pag. 52 
 Gli Alpini e i caduti trentini
 Gli Alpini e i caduti trentini
        Leggete bene la storia
        da l’Adige del 10 marzo 2010, pag. 52
 Noi trentini il martire
 Noi trentini il martire
        ce l’abbiamo: è Battisti 
        da l’Adige del 10 marzo 2010, pag. 52
 Cari vecchi alpini
 Cari vecchi alpini
        il vostro tempo è finito
        da l’Adige del 10 marzo 2010, pag. 52
      
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